Decreto agosto – Commento all’art. 110

Decreto agosto – Commento all’art. 110

Il cosiddetto “Decreto Agosto“ (D.L. 14 agosto 2020, n. 104) ha introdotto diverse disposizioni normative, tra le quali appare meritorio segnalare, anche per la potenzialmente preziosa opportunità offerta dalla sua portata applicativa, la norma contenuta nell’art. 110 concernente “Rivalutazione generale dei beni d’impresa e delle partecipazioni 2020”. Questa, nei fatti, prevede sì una riapertura dei termini già disposti con la legge 27 dicembre 2019, n. 160 (cosiddetta Legge di Bilancio 2020), tuttavia con modalità tecnico-operative di indubbio maggiore appeal sicché interesse.

Ambito soggettivo e oggettivo

Dal punto di vista dell’ambito soggettivo e oggettivo di applicazione, le società di capitali e gli enti commerciali residenti nel territorio dello Stato che non adottano i principi contabili internazionali nella redazione del bilancio d’esercizio (nei fatti, dunque, i soggetti O.I.C. adopterpotranno rivalutare – in espressa deroga alle disposizioni statuite dall’art. 2426 del Codice Civile – le immobilizzazioni materiali e immateriali, ad esclusione di quelle, immobili inclusi, alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività di impresa, nonché le partecipazioni in società controllate e collegate ai sensi e per gli effetti dell’art. 2359 del Codice Civile (iscritte tra le immobilizzazioni finanziarie), risultanti dal bilancio in corso al 31 dicembre 2019.

Icomma 2 del citato art. 110 dispone che la rivalutazione deve essere eseguita nel bilancio (o rendiconto) dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2020 e può, testualmente, “essere effettuata distintamente per ciascun bene” con relativa annotazione nell’inventario e nella Nota Integrativa.

Rivalutazione singolo distinto bene

Di talchè, un primo aspetto di particolare rilevanza e considerazione – rispetto ad analoghe precedenti disposizioni normative in materia, l’ultima delle quali, appunto, contenuta nella sopra citata legge 160/2019 – è proprio rappresentato dalla possibilità di effettuare la rivalutazione in oggetto anche su un singolo distinto bene (rientrante, evidentemente, tra quelli rivalutabili, cioè diverso dai cosiddetti beni-merce) senza, dunque, dover necessariamente rivalutare con unico criterio, come più volte disposto in precedenza, tutti i beni appartenenti alla medesima categoria.

Modalità adottabili

Per la valutazione delle modalità adottabili per individuare la misura massima rivalutabile dei beni dell’impresa può farsi riferimento, in quanto compatibili, sia a specifiche disposizioni normative (art. 11 della legge 21 novembre 2000, n. 342 richiamato dall’art. 110, comma 7, del “Decreto Agosto”)  sia ai chiarimenti e alle precisazioni forniti dall’Amministrazione finanziaria in esito a precedenti provvedimenti di rivalutazione monetaria (C.M. 16 novembre 2000, n. 207/E), riconducibili, sostanzialmente, ad un criterio di natura economica ovvero ad un criterio di mercato:

  il primo, fondato sul principio in relazione al quale il valore dei beni deve essere determinato in modo da non superare (i) la consistenza dei beni; (ii) la loro capacità produttiva; (iii) l’effettiva possibilità di utilizzazione economica da parte dell’impresa;

  il secondo, in base al quale la rivalutazione massima non può eccedere i valori correnti e le quotazioni rilevate nei mercati regolamentati italiani o esteri.

Criteri di rivalutazione

In ogni caso, i criteri seguiti nella rivalutazione dei beni dovranno essere indicati e motivati nelle Relazioni degli Organi Sociali (Consiglio di Amministrazione, Collegio Sindacale) con l’importante precisazione, a tal riguardo, che non è richiesta una apposita relazione giurata, tanto meno la legge prevede particolari norme sanzionatorie a tutela del corretto adempimento della procedura di rivalutazione. Tutto ciò in quanto è stata ritenuta “… omissis … sufficiente a tal fine l’attuale disciplina generale posta a tutela del bilancio … omissis …”. 

Va da sé, comunque, che una eventuale perizia giurata potrebbe costituire un valido ausilio e strumento finalizzato a confortare le scelte operate in tal senso dall’Organo Amministrativo e avallate dall’Organo di Controllo. 

Operazioni di dismissione o cessione

La scelta di rivalutare un singolo bene (immobilizzazione materiale ed immateriale) ben potrà, oltretutto, essere adottata in funzione di programmate successive operazioni di dismissione / cessione del “cespite” rivalutato da attuarsi, però, con decorrenza dal periodo d’imposta 2024 (cfr. infra), anno dal quale la rivalutazione assumerà efficacia tributaria ai fini del realizzo di eventuali plusvalenze (“asset period”).

Compravendita di partecipazioni

Siffatte valutazioni dovrebbero assumere rilievo anche per le operazioni di compravendita di partecipazioni in società controllate e collegate (classificate tra le immobilizzazioni finanziarie), pur risultando il relativo beneficio fiscale potenzialmente limitato in ragione della sussistenza del regime di esenzione impositiva applicabile alle plusvalenze realizzate a seguito della cessione di partecipazioni aventi i requisiti previsti dall’art. 87 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (cosiddetta “participation exemption”).

Rilevanza civilistica e/o fiscale

In ossequio e conformità al comma 4 dell’art. 110 appare meritevole porre in evidenza che la rivalutazione in esame potrà assumere rilevanza non solo sotto il profilo civilistico-contabile ma anche ai fini delle imposte sui redditi e dell’I.R.A.P. a condizione, in quest’ultimo caso, del versamento di un’apposita imposta sostitutiva nella misura del 3 per cento sui maggiori valori iscritti. La disposizione normativa in esame statuisce, difatti, testualmente, che “Il maggior valore attribuito ai beni in sede di rivalutazione può [non deve, enfasi aggiunta] essere riconosciuto … omissis …”.

In altri termini, e più precisamente, attraverso l’adozione della procedura di rivalutazione, l’iscrizione dei maggiori valori in bilancio non viene necessariamente subordinata all’assoggettamento dei medesimi (valori rivalutati) ad imposizione sostitutiva.

L’imposta sostitutiva e il potenziale “appeal” tributario

Con riferimento alla rilevanza fiscale della rivalutazione, non sembra privo di utilità precisare, da un lato, l’entità sostanzialmente contenuta e ridotta dell’imposta sostitutivai.e., appunto il 3 per cento applicabile sia ai beni ammortizzabili (immobili, attrezzature ed impianti industriali, etc…) sia ai beni non ammortizzabili (terreni e partecipazioni) – soprattutto se confrontata con la misura percentuale (10 / 12 per cento) prevista da analoghi precedenti provvedimenti adottati dal Legislatore in materia. Dall’altro lato, l’immediato riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti in bilancio e assoggettati ad imposta sostitutiva, disponendo, invero, la norma la relativa efficacia tributaria già con decorrenza dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2021 (ad ulteriore conferma del potenziale appeal della disposizione in esame, si segnala che gli effetti della distinta rivalutazione statuita con la menzionata legge 160/2019 decorrevano non dall’esercizio successivo bensì solo dal terzo esercizio successivo all’avvenuta rivalutazione!).    

Rivalutazione del valore fiscale di uno o più beni

In specie, dunque, ove la Società decida di rivalutare uno o più beni conferendone consequenziale valore fiscale tramite il versamento dell’imposta sostitutiva del 3 per cento, i maggiori valori iscritti in bilancio rileveranno già dal periodo d’imposta 2021 ai fini e in funzione:

  della deducibilità dei maggiori ammortamenti effettuati sulle immobilizzazioni materiali e immateriali rivalutate (N.B.: si ritiene utile precisare che la rivalutazione non dovrebbe assumere alcun rilievo con riferimento all’agevolazione del “super ammortamento” e dell’ “iper ammortamento” risultando, quest’ultima maggiorazione “figurativa”, basata sul costo di acquisto di beni materiali strumentali nuovi);

  della determinazione del plafond delle spese di manutenzione di cui all’art. 102, comma 6, del d.P.R. 917/1986;

  dell’applicabilità della disciplina delle cosiddette “Società non operative” di cui all’art. 30 della legge 23 dicembre 1994, n. 724

Moratoria fiscale

È, invece, previsto un periodo di “moratoria fiscale” in fattispecie realizzative dei beni rivalutati. Il comma 5 dell’art. 110 statuisce, infatti, che in caso di cessione a titolo oneroso – ovvero di assegnazione ai soci o di destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ovvero al consumo personale o familiare dell’imprenditore – dei beni rivalutati in data anteriore a quella di inizio del quarto esercizio successivo a quello in cui la rivalutazione è stata eseguita (ovvero, per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, in data anteriore al 1° gennaio 2024) le plusvalenze e le minusvalenze siano determinate avendo riguardo al costo dei beni “ante rivalutazione”, i.e. costo storico al 31 dicembre 2019.         

Il saldo attivo di rivalutazione

L’imposta sostitutiva (eventualmente versata per il citato riconoscimento fiscale dei maggiori valori) dovrebbe essere computata – seppur non espressamente previsto nella disposizione in commento né risultando esplicitamente richiamato l’art. 12 della legge 342/2000 – in diminuzione del saldo attivo di rivalutazione non transitando, in tal modo, nel conto economico. Saldo attivo di rivalutazione che deve essere imputato al capitale ovvero accantonato in apposita, designata, riserva in sospensione di imposta, con esclusione di ogni diversa utilizzazione. 

Distribuzione degli utili

Al riguardo, opportuna attenzione e memoria deve essere dedicata alla circostanza per la quale – visto lo specifico distinto rinvio all’art. 13 della legge 342/2000 contenuto nel comma 7 della disposizione in oggetto – qualora detta riserva fosse utilizzata a copertura delle perdite d’esercizio, la distribuzione degli utili risulterà vietata sino a quando la medesima riserva non sia reintegrata o ridotta in misura corrispondente con delibera dell’Assemblea straordinaria, senza applicazione delle disposizioni dei commi secondo e terzo dell’articolo 2445 del Codice Civile.

Saldo attivo di rivalutazione: attribuzione ai Soci

Ove, invece, il saldo attivo di rivalutazione sia oggetto di attribuzione ai Soci mediante diretta riduzione della riserva “de qua” ovvero mediante riduzione del Capitale Sociale (al quale la riserva stessa sia stata imputata), le somme attribuite alla compagine societaria, aumentate della imposta sostitutivacorrispondente” all’ammontare distribuito, concorrerebbero a formare, da un lato, il reddito imponibile della società e, dall’altro lato, il reddito imponibile dei Soci

Saldo attivo di rivalutazione affrancato

Come per i maggiori valori rivalutati, anche il saldo attivo di rivalutazione può essere affrancato, in tutto o in parte, mediante l’applicazione, in capo alla Società, di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’I.R.A.P. nella misura del 10 per cento. In detta fattispecie, il saldo attivo di rivalutazione – proprio in quanto affrancato – risulterebbe liberamente distribuibile ai Soci e non concorrerebbe, pertanto, a formare il reddito imponibile della Società che abbia effettuato la relativa distribuzione. Trattandosi, peraltro, di riserve di rivalutazione divenute oramai affrancate, le stesse confluirebbero tra le riserve di utili liberamente distribuibili sicché, in caso appunto di distribuzione, il Socio dovrebbe assoggettare a imposizione l’importo percepito secondo le regole ordinariamente previste per la tassazione dei dividendi.

Termini di versamento delle imposte sostitutive

In conformità al comma 6 dell’art. 110 è data facoltà al contribuente di rateizzare il versamento delle sopra indicate imposte sostitutive (3 e 10 per cento) a condizione che:

  il versamento venga effettuato in un massimo di tre rate annuali;

  le rate siano di pari importo;

  il versamento della prima rata venga effettuato entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al periodo d’imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita;

  i versamenti successivi al primo vengano effettuati entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al (o ai) periodo/i d’imposta successivo/i a quello con riferimento al quale è stata operata la rivalutazione

Versamenti rateali e interessi

A tal proposito, in attesa di eventuali chiarimenti ministeriali, parrebbe lecito sostenere che i versamenti rateali non debbano essere maggiorati di alcun interesse da versarsi contestualmente al pagamento di ciascuna rata, non risultando detta maggiorazione finanziaria esplicitamente prevista nella disposizione in commento (come, invece, statuito in precedenti interventi in materia) né essendo statuito nell’art. 110, comma 7, il diretto richiamo all’art. 12 della legge 342/2000 in forza del quale, testualmente, “In caso di  rateizzazione, sull’importo delle rate successive alla prima si applicano gli interessi nella misura del 6 per cento annuo”.  

Imposta sostitutiva

Si segnala, infine, che l’imposta sostitutiva può costituire oggetto di compensazione ai sensi del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241 Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell’imposta sul valore aggiunto

Conclusioni

In ultima analisi, può confermarsi l’indubbio appeal e interesse della rivalutazionede qua” in ragione, sinteticamente, dei seguenti aspetti quali-quantitativi:

  la possibilità di attribuire alla stessa rilevanza unicamente ai fini civilistici;

  la possibilità di effettuare la rivalutazione anche su un singolo distinto bene (rientrante, evidentemente, tra quelli rivalutabili, cioè diverso dai cosiddetti beni-merce) senza, dunque, dover necessariamente rivalutare, con unico criterio, tutti i beni appartenenti alla medesima categoria: sicché, in linea di principio, rivalutando, all’interno di una distinta categoria omogenea di “asset”, un cespite civilisticamente e gli altri fiscalmente ovvero operando la scelta per gli effetti dell’una (civilistica) e non dell’altra (fiscale) o viceversa;

  la misura sostanzialmente ridotta dell’imposta sostitutiva, i.e. il 3 per cento;

  la deduzione immediata dei maggiori ammortamenti già a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in cui la rivalutazione è stata effettuata ossia già dall’esercizio 2021: di talché, con un risparmio d’imposta netto di circa il 25 / 26 per cento (a seconda dell’aliquota I.R.A.P. applicabile al caso di specie, al netto evidentemente delle valutazioni relative all’eventuale affrancamento anche del saldo attivo di rivalutazione) con un effetto finanziario attuale inversamente proporzionale alla durata della vita utile del bene rivalutato.  

Share on linkedin
Linkedin

Condividi